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      Quest'ultima, che avea cominciato ad ascoltare con ansietà paurosa, alla fine del discorso levò gli occhi al cielo, e stringendo le palme esclamò: - Il Signore gli perdoni! - poi volgendosi un'altra volta alla madre: - M'avete detto ch'egli è uscito per cercar d'Ottorino, è vero?... Credete voi che possa giungere a tempo a vedermi?
      - Ah, non dir cosi, figlia mia! - sclamò Ermelinda con voce di dolce e accorato rimprovero: - senti, cara, la vita e la morte stanno nelle mani d'un Signore misericordioso... egli non vorrà... per pietà di noi... - e si tacque.
      Bice prese una mano di sua madre e gliela baciò: nè l'una osava dare, nè l'altra chiedere, parole di speranza, d'una speranza che nessuna d'esse avea in cuore.
      Per tutto quel giorno il male venne sempre più acquistando rovinosamente di forza su quel corpo troppo affievolito e rotto per potergli durar contro.
      La fanciulla, obbedendo alle prescrizioni del medico avvalorate dalle più strette preghiere della madre, stavasi coricata quietamente e in silenzio, accontentandosi d'affissare di continuo quella sua cara a piè del letto, dove s'era posta a sedere, e di seguitarla cogli occhi ogni volta che per qualche necessità tramutavasi da luogo a luogo.
      A piè del letto medesimo, in compagnia di Ermelinda, stava seduta anche l'ancella, l'amorosa Lauretta, la quale, per quanto fosse stata pregata da tutti, e da Bice principalmente, non avea mai voluto abbandonar quella camera, per andare a prender un po' di riposo, di cui doveva aver tanta necessità, dopo le dure vigilie delle notti antecedenti.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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