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      Non isgomentatevi però, chè il fastidio avrebbe a durar poco.
      Il conte e la contessa del Balzo, insieme con Lauretta, partirono la mattina da Rosate, mettendosi in viaggio verso Limonta, dove accompagnarono le spoglie della loro Bice, e per via furono poi raggiunti da tutta la famiglia stanziata a Milano, la quale era stata avvisata che dovesse incamminarsi alla volta del lago.
      Quelli tra i nostri viaggiatori che venivano da Milano, ne erano partiti prima che seguisse il fiero caso di Marco, del quale nessuno intese parlare se non a Seveso, dove giunti tutti quanti sull'imbrunire erano scavalcati a un'osteria per passarvi la notte. Nè c'era modo che se ne volessero persuadere, avendo abbandonato così da poco tempo il luogo, altri dove si diceva accaduto il fatto, altri dove avrebbe dovuto prima che altrove giungerne la notizia. Lupo e Ambrogio stavano appunto disputando coll'ostiere, e con alcuni del paese intorno alla possibilità della cosa, riscontrando le ore e le distanze, quando giunse una staffetta, che partita da Rosate subito dopo che v'era giunta la fatale novella, erasi messa sulle tracce della famiglia del Balzo, ed aveva potuto giugnerla quivi a quell'ora. L'arrivato era un servitore fedele del Visconte; confermò piangendo l'annunzio dell'atroce fine del suo padrone; poi, tratta in disparte Ermelinda, le pose fra le mani una lettera di Marco stata trovata, come diceva, sul tavolino del suo padrone. La donna fu sopraffatta da una pietà mista di spavento, che potè pure sul suo cuore, quantunque altamente piagato e conquiso da tanta materna angoscia; ella si sentì rabbrividire, le vacillò la vista, tremò per tutte le membra, e riponendosi in seno la lettera, che in quel punto non avrebbe potuto aprire, non che leggere, si abbandonò su d'una seggiola come fuor del sentimento.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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