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      Lupo, senza por tempo in mezzo, risalì sul suo cavallo, e galoppò difilato a Milano in cerca d'Ottorino, che poteva in quel frangente aver bisogno di lui. Tutti rimasero sbalorditi: ma appetto all'attonitaggine, alla stupefazione del Conte, lo stordimento degli altri era niente.
      E per verità l'aver avuto attenenza con Marco, con quell'uomo che dicevasi fatto ammazzare dai Signori, in conseguenza d'una trama scoperta, poteva in quel primo momento dar da pensare anche a chi fosse stato meno pauroso di lui.
      Ma Azzone, spaventato forse anch'egli della vastità della congiura scoperta, stimò prudente cosa di mettervi su un piede, per non risicare di dar fuoco a un vespaio troppo grosso; cosicchè, non dirò del conte del Balzo, troppo ben guardato dalla sua pochezza, ma anche i più stretti amici di Marco, i più arrabbiati e potenti suoi favoreggiatori, la levaron liscia senza una molestia al mondo.
      Intanto andavano innanzi le pratiche avviate da un pezzo per la riconciliazione dei Visconti colla Chiesa. Il Papa, già ben disposto a favore del signor di Milano per la resistenza che avea opposta da ultimo al Bavaro, non credette, o mostrò di non credere, alle voci che l'accusavano dell'assassinio dello zio; e assolto lui e la famiglia dalla scomunica, levò l'interdetto che pesava da tanti anni sulla città e sul distretto. Le feste, le baldorie che se ne fecero, furono maravigliose. I signori laici che avevano usurpati i beni del clero, li restituirono ai sacerdoti che tornavan d'ogni parte.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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