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      Fra tante memorie di domestico lutto, di speciali perdite, gli occhi di quella buona gente si volgevano ad ora ad ora verso la cappelletta, entro la quale da pochi giorni era stata posta una bianca pietra, con un nome caro al cuore di tutti.
      Marta, che s'era inginocchiata sulla terra ond'era coperto il corpo del suo Arrigozzo, finita che fu la preghiera, si levò in piedi per andarsene, ma passando vicino a quel sasso vi si chinò sopra, e baciollo con riverenza e con amore; la moglie del falconiere, e poscia a mano mano tutte le donne del paese, fecero altrettanto. Solo Ermelinda e Lauretta, che erano pure fra quella schiera, non poterono sostenere sì grande sforzo, ma tornarono la sera solette, scendendo dai viottoli del monte senz'essere vedute, a piangere, a pregare su quel sasso, che fu poi sempre ogni giorno il termine delle loro gite solitarie.
      Lupo non prese parte alle solennità che si celebrarono quei giorni al paese: egli era partito alla volta di Terra Santa insieme con Ottorino. Morta Bice, morto Marco, il giovine cavaliere non potè più vedersi sotto questo cielo: il sapersi vicino a Lodrisio gli faceva ribollire il sangue addosso, avrebbe voluto trovarlo, misurarsi con lui, e che ne andasse la vita dell'uno o dell'altro; ma aveva promesso alla sposa moribonda di non cercare vendetta; quella promessa gli era sacra; fuggì dunque per poterla mantenere.
      Un altro dei nostri conoscenti era capitato invece quei giorni a Limonta; il Tremacoldo. Egli fu ricevuto da Ermelinda come un parente stretto e caro, per la memoria di quel tanto che avea fatto, che avea patito, per la sua povera Bice.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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