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      Il conte del Balzo andò molto in là cogli anni, tanto che vide morire Azzone e succedergli Luchino; sopravvisse anche a questo, sopravvisse anche a Giovanni; non si parlava ormai più di Marco che come d'un personaggio storico, d'un gran capitano, d'un uomo singolare; il suo nome era ripetuto senza riserbo con riverenza, con maraviglia; e il Conte fu ancora a tempo a farsi bello dei vanti che sentiva dati alla sua memoria. Quel benedetto catarro di far dell'importante, di che non potea guarirlo altro che la paura, gli prese addosso più rigoglio che mai negli ultimi anni del viver suo, quando tutto era quieto e fidato: bisognava sentirlo a parlar di Marco! egli era stato il suo consigliere, il suo più stretto amico, l'anima di tutte le sue imprese.
      - Se m'avesse dato retta a me! - diceva qualche volta in aria di mistero. - Se m'avesse dato retta a me! ma via, certe cose va bene a tacerle: quantunque sieno avvenuti tanti mutamenti, è meglio tacerle; - e così dicendo gonfiava le gote e si passava una mano sulla fronte, come volendo far intendere che v'eran chiusi dentro de' gran segreti.
      E Lodrisio? sono certo che il lettore il quale abbia punto di... so ben io? in somma, che non sia del tutto senza cuore e senza sentimento, desidera di vedergli fare la mala fine; e anch'io vi do parola che me ne struggo; ma che volete? ci convien aver flemma a tutti insieme, chè le cose della storia non me le posso acconciar sulle dita secondo che mi vanno a fantasia. Ecco dunque quanto si racconta di quel tristo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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