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      Se non avesse attribuito questo fatto al risultato di una forza organica, secondo la curiosa opinione che in quel tempo si aveva riguardo ai cristalli, egli potrebbe aver avuto il vanto di essere il pioniere dei cristallografi. Ma però, i due primi veri passi nella cristallografia, di cui abbiamo sicura contezza nei nostri tempi, furono fatti nel diciassettesimo secolo, a quattro anni di distanza l'uno dall'altro; uno dal punto di vista della struttura interna e l'altro da quello della forma geometrica esternamente presentata. Di fatto, nel 1665, il nostro Robert Hooke fece uno studio sull'allume, che sembra aver egli ottenuto in buoni cristalli, sebbene non conoscesse la vera composizione chimica. Nella sua Micrographia egli descrive come riuscì ad imitare i vari modi di comportarsi delle forme ottaedriche dei cristalli di allume, formando delle pile di palle sferiche di fucile, ed asserisce che tutte le diverse figure da lui osservate nei numerosi cristalli che esaminò, potevano essere prodotte da due o tre combinazioni di particelle sferiche. È chiaro che Hooke aveva in mente l'idea che le particelle simili, che formano la sostanza cristallina, dividono lo spazio in parti omogenee, ciò che prova una volta di più tutta la notevole prescienza del nostro grande compatriota.
      Quattro anni più tardi, nel 1669, Nicolaus Steno eseguì a Firenze alcune misurazioni, notevoli se si considera la mancanza di istrumenti adatti, degli angoli tra le facce corrispondenti di differenti campioni di cristalli di rocca (quarzo, il diossido di silice che si trova in natura, e riguardo al quale vi sarà molto a dire in altre parti di questo libro), provenienti da diverse località, ed egli pubblicò una dissertazione affermando che aveva trovato questi angoli analoghi, tutti esattamente identici.


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Domenico Guglielmini e la sua opera scientifica
di Icilio Guareschi
Utet Torino
1914 pagine 188

   





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