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      Il Berzelius, già vecchio, pochi anni prima di morire, scriveva a Wöhler, il 15 ottobre 1844: "Come un vecchio postiglione, incapace di condurre i cavalli egli stesso, si ringiovanisce quando ode il rumore della frusta, così io provo un gran piacere a leggere i lavori del vostro laboratorio. Lavorate, continuate il più lungo tempo che potrete, perché voi non sapete ancora a quanta poca cosa si riduca l'uomo quando comincia ad invecchiare".
      Tutto questo sia di mònito a quei cultori della scienza, i quali, perché hanno fatto qualche lavoro scientifico, sia pure anche di non lieve importanza, si vantano di aver fatto grandi cose, oppure piace loro di riposarsi sui cosidetti allori, col fare più nulla.
      Coloro poi che si occupano della storia della scienza dovrebbero meditare sulle parole di Michelangelo e del vecchio Berzelius, il quale, come valore, può essere riguardato l'Aristotele della chimica nel secolo XIX; dovrebbero, prima di scrivere la storia, aver molto esperimentato, dovrebbero aver lette tutte le opere, e specialmente le Memorie originali, dei migliori chimici. L'opera scientifica di un uomo è d'uopo desumerla veramente dai suoi lavori e non dalle biografie più o meno raffazzonate o da storie più o meno incomplete. Ma sovratutto fa d'uopo essere onesti e coscienziosi, come voleva Berzelius, perché se l'ignoranza si può correggere e perdonare, l'ignoranza congiunta colla disonestà, no!
      Ciò che voleva Carlyle dagli uomini era il loro miglioramento morale: un giusto, un savio, aggiunto a quei che già esistono sulla terra, gli sembrava conquista più assai importante che non dieci rivoluzioni (Mazzini). Sarà esagerazione, ma un fondo di vero vi è.


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Jons Jacob Berzelius e la sua opera scientifica
di Icilio Guareschi
Utet Torino
1915 pagine 398

   





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