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      A senso dell'Accusa, le forze rivoluzionarie stavano in potestà mia, come le cannelle dell'acqua fredda e dell'acqua calda quando entro nel bagno. Io però fui complice, o impotente per vizio di origine; nato in peccato mortale, non basta a salvarmi agli occhi dei miei Accusatori il battesimo della scelta sovrana; però importa osservare come i Ministeri precedenti, usciti al mondo immacolati, o immersi del bel Giordano nelle chiare acque, non riuscissero meglio a vincere la forza rivoluzionaria fino dai primordii. Eglino stessi lo confessarono, e ne addussero cause plausibili. La confessione, lo avvertano i miei Accusatori, è cosa che merita reverenza grandissima, perchè innalzata anch'essa alla santità di sacramento. Ora considerino, di grazia, se in tempi più grossi mi venisse fatto di adoperarmi con qualche vantaggio in benefizio del Paese.
      Quando mi giunse a notizia, come l'autore del Decreto della decadenza del Principe, scritto e proclamato sopra la Piazza Granducale il 30 luglio 1848 sotto il Ministero Ridolfi, continuasse la sua dimora in Firenze, irremissibilmente lo esiliai(29). Preti, seminatori di scandali, pervertenti lo spirito dei campagnuoli, insinuanti che il Granduca costretto aveva consentito allo Statuto, non già di cuore e spontaneo, chiamai, ammonii, e corressi(30). Torres, espugnatore delle Fortezze livornesi sotto il Ministero Capponi, ardito uomo, fu da me parimente bandito, e ritornato con manifesto spreto dell'Autorità, ordinai lo arrestassero e lo conducessero ai confini(31). Alle censure acerbissime della stampa, per questo fatto, risposi: "Renda conto il Torres della sua passata condotta a Livorno, giustifichi il suo ritorno a Firenze, allora apparirà se la misura presa a suo riguardo fu arbitraria e vessatoria, o piuttosto opportuna e giusta(32)."


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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