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      Alla Corona non parve prudente accettare, almeno per ora, il congedo del Presidente del Consiglio, nè inviarlo a Torino; in quanto a me, è agevole sentire per quali motivi di convenienza dovessi rimanermi da insistere. Invitato dal Principe a ricondurgli il Montanelli, lo feci, e fu accolto con modi più che cortesi, affettuosissimi.
      Adesso pertanto bisognava mettere d'accordo il progetto del sig. Montanelli con l'esitanze della Corona, ed anche co' dettami di buona politica.
      Proposi si lasciasse nella Legge indefinito il mandato, e le ragioni, per così fare, furono queste. La Costituente deve validare la concordia degli Stati Italiani; ora la maggiorità di questi, se avessero inviato (come era da aspettarci) Commissarii con mandato diverso da quello dei nostri, dovevamo noi porre questi al duro passo di partire dal Congresso, con danno e scandalo del Paese? La Costituente non rigettava verun progredimento razionale e possibile; questo aveva proclamato il Ministero nel programma, la Corona nel discorso di apertura; dovevamo noi ostinarci adesso a volere Cesare o nulla? Il Popolo non pure poteva, ma doveva dare mandato generico, imperciocchè sia chiaro che egli in anticipazione non avrebbe saputo nè come, nè quando, nè su che cosa sarebbesi adoperato, specialmente nel possibile progresso verso lo scopo della Costituente. La cognizione di tutto ciò apparteneva al Potere Esecutivo; e a questo solo spettava per necessità (essendo egli ottimamente informato delle condizioni mutabilissime dei tempi) ampliare o restringere il mandato adattandolo alle contingenze.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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