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      Confrontisi la citazione del Decreto col § del Programma:
      Zelatori della libertà di stampa, noi non ismentiremo i nostri principii mai. Fra i due mali, che essa trasmodi per licenza, o taccia per paura, noi scerremo il primo, persuasi che le tristi parole, se calunniose, non reggono, e fidenti ancora nella civiltà del Popolo toscano, presso cui ogni maniera d'intemperanza è febbre effimera, non condizione normale di vita."
      Così il Programma non esprime sentenza generale, ma unicamente relativa alla stampa; tanto la licenza, quanto il silenzio per paura, dichiara mali; confida che le parole calunniose non reggano, e il Popolo sappia guarire di cotesta infermità.
      E sapete voi a che cosa accennasse il Programma con coteste parole? Alle calunnie che i Giornali avversi al Ministero si sbracciavano profferire contro di lui. E sapete voi che cosa avessi in mente io quando dettava cotesto periodo? Le calunnie che emuli ingenerosi (non conosceva ancora le giudiciali) non cessavano avventarmi; e mi studiavo con l'altezza dell'animo richiamarli a un senso di pudore gentile. Le mie vecchie e nuove ingiurie rimettevo, e non le altrui; però che in quel momento mi corresse al pensiero Socrate santissimo, levato in piedi nel teatro di Atene, vincere, con la virtù della mansuetudine, il perfido motteggiare di Aristofane.
      Invero, nelle precedenti pagine ho narrato e provato come il libero spaccio della Patria, giornale al Ministero infestissimo, io assicurassi(138); ho rammentato come S. A. si compiacesse interporre l'alto suo ufficio presso taluno, affinchè la febbre maligna del suo Giornale alcun poco curasse.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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