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      La voce pubblica, come già avvertiva, diceva con particolare benevolenza proseguirmi il Principe, nè mancavano persone intime in Corte, che siffatta voce confermassero. Non vedevano i partigiani cosa che potesse farmi vago di mutamenti; all'opposto ne vedevano moltissime che me dovevano rendere affezionato al Governo Costituzionale. Considerando tutto questo, pensarono, che, lasciatomi andare libero, prima di tutto non piccolo discredito avrebbero toccato i loro disegni; e poi temerono che i Costituzionali facilmente si sarebbero riuniti intorno a me come a centro, ed io, rilevando lo smarrito coraggio di questi, disciplinassi la Opposizione, e quanto macchinavano rendessi impossibile, o almeno pieno di ostacoli. Io non voglio dire che si apponessero al vero nello attribuirmi tanto credito nel Paese; imperciocchè le passioni riscaldino i cerebri, e, secondo il consueto, vedano gli oggetti troppo più grossi di quello che veramente essi sieno; nonostante non andavano errati del tutto: ed invero, il sentimento universale, impressionato da serie continua di dichiarazioni, me reputò sempre amico del Governo Costituzionale. Malgrado le perfide arti di lunga mano apparecchiate per farmi venire in odio alla gente(169), e malgrado gli atti estorti da prepotenza ineluttabile di uomini e di casi, vedremo i buoni Cittadini riporre in me fino negli ultimi tempi piena fiducia, che reprimendo ogni eccesso, preservando da eventi luttuosi il Paese, senza sangue, senza vergogna, senza scosse violente l'antico ordinamento restaurassi(170). Il Partito repubblicano, diretto non mica da gente grossa, ma sì invece acuta e arrisichevole, non consentì mai, che le uscissi di mano, disegnò ridurmi in sua potestà per adoprarmi a modo suo, separarmi da tutti, circondarmi, sorvegliarmi, spingermi a suo senno, coartarmi.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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