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      Cose volgari io narro, e dal comune degli uomini conosciutissime; dai miei Accusatori soltanto ignorate, o volute ignorare. Quanto sia assurdo intento volere dimostrare che poca mano di Popolo allora insanisse, ho chiarito altrove. Il Nazionale dell'8 febbraio raccontando ora per ora i fatti della giornata attesta: "Ore 11. La piazza è stivata di Popolo." - La Costituente del medesimo giorno: "Il Circolo popolare è radunato in piazza. - Molti distinti cittadini prendono la parola, e conchiudono nella necessità di costituire un Governo Provvisorio." - Gli elementi che operarono il 12 aprile, operarono eziandio l'8 febbraio. Se Guardia Civica, se Popolo, se plebe così urbana come rustica, se milizie non avessero acconsentito, chi le poteva costringere? Dov'era la forza capace a violentarle a quello da cui aborrivano? Questo è manifesto, e non vi ha sofisticheria che valga a metterlo in dubbio: - è manifesto.
      L'Accusa si arrabatta smaniosa a persuadere, che una mano di gente stracciata operò i fatti dell'8 febbraio; presentendo l'obietto, che allora mal poteva fare violenza alla Camera, ci dice che il luogo chiuso e la sorpresa non lasciarono campo a misurarne la estensione. - Bene: ma la guardia custode della Camera composta di 60 uomini? - Non avendo ordine, non sapeva che pesci pigliare. - Meglio: ma la Guardia civica apparecchiata? - Consegnata nei quartieri, uscì fuori a cose fatte. - Egregiamente: ma le cose fatte si potevano disfare; e il Popolo, la Guardia Civica, e tutti gli altri rimasti fedeli, malgrado la tristezza, o tristizia (chè nell'uno e nell'altro modo corre egualmente bene il discorso nella famosa Accusa) dei tempi, usciti fuori, e vista la scarsa mano di gente cenciosa, potevano in un attimo depositarla al Bargello(253). Se si trattava di pochi ribaldacci, oh! che mi vengono adesso i Documenti dell'Accusa a contare di ora di riscatto suonata, di slancio, di eroici fatti operati il 12 aprile, e di simili altre novelle?


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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