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      Il Decreto del 7 gennaio 1851 crescendo: "Considerando - che comunque il Processo dimostri che il Guerrazzi, una volta salito al Supremo Potere, si adoperò, in qualche circostanza, a distogliere le più accese voglie della Demagogia; - ciò non pertanto il complesso degli atti autorizzava a ritenere che tutto ciò egli facesse per tenere fermo nelle sue mani il Potere di che, per modi riprovevoli, era giunto a impossessarsi; - e in ogni ipotesi, a perimere la civile imputazione degli atti criminosi dei quali certamente fu autore, dovrebbe esso provare luminosamente..." e segue come nel primo Decreto.
      Considerando che molti sono i fatti allegati dal Guerrazzi per far sentire il predominio assoluto e costante sopra di lui della Fazione; ma oltrechè questi fatti non sono d'importanza da stabilire una violenza irresistibile e continuata, il Processo somministra altri fatti, dai quali emerge la influenza personale su le turbe tumultuanti! - essendosi notato ch'egli dichiarò non averne timore! (pei Giudici di cotesto Decreto timore e paura sono tutta una cosa!) ed essendo egli riuscito, come racconta, a contenerle e comprimerle a vantaggio di privati cittadini....
      Qui i miei sforzi spariscono, e, in certo modo, si neutralizzano in virtù dei prodigiosi ragionamenti del Decreto.
      Ora ecco l'Atto dell'Accusa del 29 gennaio 1851 che dà la stretta: "Ma la violenza coattiva, sia allo Individuo, sia al Collegio, non è provata, e resta anzi esclusa in quei primi giorni, e da quei primi atti NEI QUALI E CO' QUALI venne o consumarsi il delitto.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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