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      Dall'alto dei balconi del Palazzo Vecchio vedevamo quel mareggiare di teste in burrasca, e udivamo cotesto inferno di gridi, Sir Carlo Hamilton ed io; e lo interrogava dicendo: "Ora come potrò resistere? Ah! fui gittato come uno schiavo alle fiere." Ed egli, fieramente turbato: "Cedete su tutto, ma salvate la vita e le sostanze dei cittadini."
      Quando il Popolo irruppe allagando camere e sale, ed io solo nel vano di una finestra (al salto periglioso eravamo vicini, e il caso di Baldaccio dell'Anguillara mi traversava la mente), con ragioni, con preghiere, con rimproveri, e finalmente con arguzia potei schermirmi da cotesti furiosi, dovevano venirmi a canto i Giudici. Allora avrebbero veduto e sentito se incitai i Popoli, o se con pertinace resistenza, che a Dio piacque benedire, li contenni. Allora avrebbero inteso quali fieri accenti scambiassi con Giuseppe Mazzini, che delle parole dette a Livorno non voleva più sapere, e la Repubblica pretendeva, e subito s'instituisse; i quali, comecchè pronunziati nello impeto della passione, non è bello nè onesto riferire. Se in quel giorno i Giudici e gli Accusatori che fin qui mi stettero schierati di contro fossero stati fra i difensori dell'ordine al fianco mio, il giorno 18 febbraio così si sarebbe loro scolpito nel cuore, che forse avrebbero sentito vergogna di affermare, che alla proclamazione della Repubblica mi opposi soltanto dopo la disfatta di Novara. Ma dei miei Giudici e dei miei Accusatori fin qui non fu istituto difendere, bensì offendere; e tutto il mondo, non dubitino, di ciò si è accorto da buona pezza di tempo.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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