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      No; il Parlamento, per le regole costituzionali, a cagione dell'assenza della Corona, era cessato; egli non poteva esercitare altramente il suo ufficio, privo di mandato per istarsi al fianco di Governo impreveduto: e questo in diritto; - in fatto, non voleva più adunarsi quando parte dei suoi membri disertava le sedute; non poteva più adunarsi, quando dal suo seno sorgevano voci ad ammonirlo della sua incapacità a perdurare; quando il Popolo lo aveva soppresso, e incalzava per la Unione con Roma; quando la opinione universale gli urlava negli orecchi ch'era morto, e che dirittamente pensò quando, con le sue proprie gambe, andò a farsi sotterrare.
      Cause irresistibili erano queste per confermare il Decreto di scioglimento, il quale non ebbe altra virtù che constatare un fatto oggi mai compíto dalla mancanza di uno dei tre Poteri costituzionali, e per la volontà del Partito trionfante.
      Inoltre, l'uomo di Stato che o per volontà propria, o per prepotenza di casi, si pone a capo di un moto rivoluzionario per contenerlo e dirigerlo, non può mica fare come Diogene, il quale pretendeva entrare in teatro quando gli altri tutti ne uscivano. Senno e potenza consistono nello allentare il moto deviandolo a poco a poco: ora, senza il Decreto che il Parlamento scioglieva e chiamava il Paese a deliberare intorno alle sue sorti, non si sarebbe potuto in verun modo resistere alla veemenza del Popolo, il quale instava per la Unione con Roma, e per la decadenza del Principe.
      E quello che merita considerazione maggiore si è, che senza questa provvidenza non si potevano, a mio parere, aprire le porte del ritorno al Granduca.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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