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      Da un lato acquisti fama e atteggiamento di debole, dall'altro perdi la confidenza, perchè tu stesso mostri non ti volere o non ti potere fidare; ed è il primo dannoso, il secondo senza rimedio. Ad ogni modo, senza che io vi spenda intorno altre parole, la chiamata delle armi straniere dagli uomini politici è reputata infelice consiglio negli Stati grandi, pessimo nei piccoli. Solo può giustificarla la disperazione di ogni altro partito; ma a questo estremo non eravamo noi, e sarà dimostrato in appresso. E poi, mi rimane in cuore una speranza che consigli spontanei non abbiano fatto repudiare la sapienza comune e le tradizioni avite; nè a farmela deporre mi costringe la opposta apparenza, imperciocchè io conosca a prova quanto empia sia la virtù della necessità politica, e solo menti affatto plebee possono giudicarla arte fraudolenta di privato interesse.
      E chi nel febbraio del 1849 avremmo potuto chiamare? Per avventura gli Austriaci? Ma nè sì sollecite nè così infelici potevano presagirsi le sorti della guerra italiana; e in ogni caso, io non poteva prevedere davvero che s'invocassero per ausiliarii quelli che, salendo al Potere, trovavo, da tre Ministeri precedenti al mio, dichiarati nemici. Tradizionale correva per Toscana tutta la fama che uomini svisceratissimi della Monarchia e di senno antico, miei predecessori nel Ministero, avevano sempre avversato la introduzione di armi straniere in Patria, e di taluno si diceva eziandio che, piuttosto di consentirla, avesse scelto rassegnare la carica.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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