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      Ora, se io avessi scritto al Generale come suona il Dispaccio del 18 marzo 1849, e gli avessi favellato come egli depone, avrebbe avuto motivo a dubitare della sanità del mio cervello. Anzi, dove bene s'intenda, parmi evidente la prova che cotesta commissione fosse del tutto fattura non mia, imperciocchè io mi ero lasciato andare fino a fargli sentire la possibilità del ritorno del Granduca, e quella lo incarica di sostenere la Repubblica; donde la necessità della doppia origine di siffatte manifestazioni. Per la quale cosa ammonisco i miei Giudici, che colui il quale tiene con varie persone discorso diverso può reputarsi talvolta, ed essere, uomo mascagno; credere poi che un Magistrato parli a un Generale bianco e gli scriva nero, per lo meno è da matto.
      A questo tempo si referisce la seguente lettera, che io scriveva al signor Consigliere Carlo Bosi, dalla quale si fa manifesto come io sentissi di coloro, che più si mostravano smaniosi per la Repubblica(659).
      Al Governo di Livorno.
      Qui non può farsi nulla. La Patria versa in grandissimo pericolo. Io ne ho assunto la malleveria davanti agli uomini e a Dio: voglio riuscirvi, o morire: ormai della vita poco m'importa, anzi mi pesa. Ordino pertanto sia posto termine alle perturbazioni manifeste e segrete contro il Governo, e contro la quiete pubblica. Chi sono gl'infami che altro non sanno che dividere la Patria e spaventare la città, senza mai - -mai prendere uno schioppo e arruolarsi nella milizia finchè dura il pericolo? Wimpfen ha minacciato in Casale con 10 mila Austriaci mettere capo a partito alla Italia Centrale; ma non sono 10 o 20 mila Austriaci quelli che temo, sibbene questi commettitori di scandali.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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