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      Nel secondo caso, mi sembra che senza prova mi verrà concesso, che me l'Assemblea non avrebbe scelto Principe! Il Decreto si compiaccia ricordare, che invece di attaccarmi al Potere, nella notte 27-28 marzo io feci tutto quanto da uomo onestamente può farsi per essere liberato da tanto peso, e non mi riuscì affrancarmene(676); volga altresì la mente alle istanze del Montanelli e dei suoi amici, perchè accettassi il Ministero; non oblii, che al Governo Provvisorio io presi parte per ineluttabile forza, da un lato, della Fazione trionfatrice; dall'altro, per l'esortazioni non meno potenti dei cittadini, affinchè dall'anarchia preservassi la Società(677); e deh! consideri eziandio il Decreto, che a quei giorni, durare in carica egli era peggio che posare su pettini da lino; e se mi dicesse, che tra affanni punto minori si sono veduti uomini non pure accettare il Potere, ma ricercarlo ed ambirlo, io rispondo, ch'è vero per quelli i quali intesero fare esperimento pratico di una loro astrattezza politica, potentissima delle passioni umane, a cui ogni giorno osserviamo sagrificarsi da molti riposo, sostanze, e persino la vita; ma non poteva essere vero con me, che governavo per benefizio altrui e non per procurarmi comodo privato, o per fondare monarchie alla napoleonica, ovvero per compiacere a un mio concetto. Dunque mi è lecito dolermi, che il Decreto non abbia rifuggito da scrivere così dissennate proposizioni, le quali non reggono al confronto del fatto e del raziocinio.
      E proseguendo il Decreto argomenta, che il pensiero del richiamo del Principe, per certo inconciliabile con gli ordini da me dati di cacciarlo violentemente dalla Toscana, sembra piuttosto sopraggiunto in forza dei successi della guerra, e delle dichiarazioni del Ministro Inglese, e non senza frode, se attendasi questa sentenza ricavata da una Decisione del 10 marzo 1800! "È vero, che ne contrapponeva altrettante (proposizioni), che lo dimostravano tutto diverso: ma oltrechè queste non distruggono quelle, un tale contegno altro non spiega se non che procurava di stare, con l'arte solita usarsi da chi doppio ha il cuore, preparato a far giuocare in ogni evento o l'una o l'altra, nell'atto di gettarsi a quel Partito che avesse trionfato.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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