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      In che vi ho offeso? Qual peccato voi mi rimproverate?" Essi tacquero; non una parola, non un grido profferirono: io sarei stato curioso davvero di sapere quale colpa il Popolo fiorentino mi apponesse. Però non cessavano in Piazza il tumulto e lo schiamazzo, onde quei dieci o dodici che stavano quivi dentro rinchiusi meco, fra servi, custodi, segretarii, e la mia nipote giovinetta pure ora uscita di Convento, e la sua governante, si mostravano sgomenti, e lo dirò con compiacenza, assai più per me che per loro. Temendo che la Plebe rompesse le porte, alcuni tentarono a questo estremo caso un riparo. - Io auguro a tutti quelli che mi hanno offeso di non trovarsi mai in simili strette, perchè all'uomo può forse bastare il coraggio per sè fino in fondo; ma quel trovarsi intorno gente atterrita, e di tutti avere a confortare gli spiriti smarriti, è tale uno sfinimento a cui mal regge l'anima umana. Non pertanto l'Accusa acuta e sottile si studia mettermi la mano sul cuore, e sentire com'egli mi battesse. - Egli batteva come deve battere il cuore dell'uomo, che sa quali mali possono fare gli uomini, e sente non meritarli(742).
      E poichè, - lasciamo da parte il volere, - sembrava che i nuovi Governanti non avessero il potere di opporsi alla plebe, che ad ogni ora ci dicevano in procinto di sbarattare la Guardia Nazionale, e fracassate le imposte irrompere dentro a far carne; parecchi dei racchiusi meco procuravano spiare luogo di salute, là dove questo estremo accadesse, e qui pure il mio pensiero si consola, rammentando che quantunque mi fossero per la più parte sconosciuti, nondimeno queste apprensioni per me sentissero, queste diligenze per me facessero.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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