Pagina (54/1163)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Perņ, favellando di coloro a cui la fortuna prestava occasione di riformare gli stati, diceva: "Questi essere dopo gli iddii i primi laudabili; e perchč pochi furono che avessero comodo di farlo e pochissimi gli altri che lo sapessero, cosģ a piccolo numero ridursi coloro che lo facessero(24)." E fermo nel mio concetto insegnai: "Il prudente ordinatore di una repubblica che abbia animo di volere giovare non a sč, ma al bene comune, non alla sua propria successione, ma alla comune patria, doversi ingegnare di tenere l'autoritą solo; nč mai savio intelletto riprendere alcuno di azione straordinaria che per ordinare una repubblica usasse: convenir bene che, accusandolo il fatto, lo scusasse l'effetto; e quando fosse buono come quello adoperato da Romolo uccidendo Tito Tazio e il fratello Remo per ordinare Roma, sempre doverlo scusare;
      perchč colui che č violento per guastare, non quello che č violento per racconciare, si deve riprendere; non pertanto corrergli obbligo di essere virtuoso e prudente da non lasciare ereditaria ad un altro quell'autoritą che si ha presa, perchč, essendo gli uomini pił pronti al male che al bene, potrebbe il suo successore usare ambiziosamente quello che da lui fosse stato virtuosamente ordinato(25)." Dipoi, celebrando coloro che intendono restituire gli uomini alla maestą della propria origine, non dubitai affermare: "Dovesse un principe innamorato di gloria desiderare di possedere una cittą corrotta, non per guastarla, come Cesare, ma per riordinarla, come Romolo; e veramente i cieli non potere dare agli uomini maggiore occasione di gloria, nč gli uomini poterla desiderare maggiore.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Romolo Tito Tazio Remo Roma Dipoi Cesare Romolo