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      Sono forse diventato il doge di Venezia o il soldano di Babilonia? Se io non l'empio con le ghiaje del Mugnone, già non pensate voi ch'io possa empirlo mai d'altra roba in questo mondo!
      E perchè no? Co' tuoi peccati...
      Tradimento! Tradimento!
      Questa voce terribile interruppe all'improvviso quei loro discorsi, e voltandosi, videro comparire Iacobo Altoviti, capitano della cittadella, il quale, ansante, disfatto, come percosso da subita pazzia, non poteva proferire altra parola.
      Tradimento! Dove? - Come? - Di chi? - Tu' se' il traditore!
      grida inferocito il Ferruccio; e senza altro aspettare, gettagli addosso le mani poderose, forte lo stringe nei fianchi e, digrignando i denti, lo porta levato da terra a precipitarlo dai muri della fortezza.
      Per Dio! Ferruccio, non mi ravvisate voi? sono Iacopo... Io vi dico che la patria è tradita; il commessario ha dato volta; fugge quel codardo... maledizione sopra di lui...
      Qual commessario? - Chi fuggee lo lasciava il Ferruccio, ma gli occhi stravolgeva pur sempre, nè aveva membro che gli stesse fermo, e fremeva e ruggiva in modo spaventevole.
      Non io, Ferruccio... e lo vedrete. - Mentre altri abbandona il suo posto io corro al mio.
      Chi dunque fugge?
      Non avete guardato la città?
      Messere Iacopo, Arezzo mi stà alle spalle, il nemico di faccia...
      Allora l'Altoviti, afferrato pel braccio il Ferruccio, seco lo mena alla parte opposta della fortezza, e, gli additando la città, diceva:
      Vedete!
      Cristo!
      Egli vede le milizie fiorentine in rotta; - i fanti, abbandonate le insegne, sbandarsi dove meglio loro talenta; - per correre più spediti gittare alcuni l'armatura per terra; - invano trattenerli i capitani; inutili le preghiere e le minacce: avviluppati nelle spire della moltitudine, abbandonare anch'essi loro malgrado quella terra che avevano disposto difendere finchè l'anima gli bastasse: e sì che molti furono allevati alla scuola del signor Giovanni delle Bande Nere, la morte da vicino animosi contemplarono, pericoli presentissimi affrontarono e vinsero.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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