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      Nè più doloroso..., messere, nè più per un padre desolante davvero...; e se Dio ve lo mandava in pena delle vostre colpe..., parmi anche troppo.
      L'Albizzi, riconciliato, gli strinse la mano, - e senza altre parole aggiungere, traendo un gemito, si allontanò.
      Durante l'assedio egli stette ritirato in campagna. Un po' per paura, un poco per vergogna, non ardì prendere parte alcuna negli sforzi gloriosi operati da' suoi concittadini in difesa della patria; la sovvenne di pecunia, ma poca: scrivono mille scudi(49). Spenta la libertà, la tirannide istituita, mal potendo l'animo suo comportare i nuovi modi, cospirò contro Cosimo I, Tiberio toscano: preso a Montemurlo cogli altri congiurati, dannato nel capo(50), troppo tardi imparava dovere gli uomini liberi mettere a repentaglio le sostanze e la vita a mantenere la libertà quando ha fiore di verde; l'occasione nelle cose politiche condurre con una mano la buona fortuna, con l'altra la morte; i provvedimenti intempestivi come non procurano la gratitudine altrui, così quasi sempre cagionano la rovina a cui li tenta. Morì per le mani del tiranno, non per la libertà; lo mosse insofferenza di servitù, non amore del bene del popolo, sicchè i posteri gli negarono per fino quel sospiro di pietà, - tenue mercede eppur cara, - di cui tanto si confortano le ombre dei grandi infelici(51).
      Il cavallo di Arezzo(52) insaniva sfrenato, ma non per durare, il conte Rosso promise la libertà agli Aretini, e non gliela potè mantenere; promise al principe di Orange il dominio libero della città, e non gliela potè consegnare.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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