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      Imperciocchè, quantunque il cardinale di Richelieu non avesse ancora insegnato la regola, il cuore di Clemente VII aveva per istinto sentito, le donne e i sacerdoti non dovere perdonare giammai(54).
      E non pertanto adesso stavano intesi a comporre gli antichi rancori, a discutere che cosa avrebbero guadagnato a mutare l'odio in amicizia, a stringersi le mani per quindi insieme aggravarle più peso sopra il collo dei popoli.
      Gli accoglieva magnifica sala, di seta splendida e d'oro, con la vôlta dipinta da uno dei più valenti artefici che resero quel secolo singolare nella storia dell'arte.
      E il dipinto della vôlta rappresentava il concilio dei numi, il convito degl'immortali che pure erano morti, Giove l'antico onnipotente, che adesso non poteva più nulla, e le altre divinità bandite dalle dimore dei cieli. Eppure cotesta religione ebbe una volta adoratori, martiri, voti, preghiere, superstiziosi, dileggiatori, olocausti di bestie, olocausti di uomini e sacerdoti crudeli; ora poi non se ne rinviene memoria in nessun cuore, ed è forza cercarla sui libri: religione da eruditi, religione da pittori per decorarne le vôlte o le pareti delle sale.
      Cotesta religione doveva dileguarsi davanti un'altra religione di amore e di pace che gli uomini predicò fratelli e maledì l'uomo il quale tormentando faceva piangere la creatura di Dio. Ma il tristo seme d'Adamo, sfidata la maledizione celeste, contaminò l'opera dell'Eterno; la nuova religione circondò di terrori, di superstizioni, di scherni, di vittime umane, di sacerdoti crudeli e, per aggiunta, dei papi - re e sacerdoti, - i quali si cingono con tre corone la testa, come per simbolo che pesano funesti alla terra tre volte più dei re, somiglievoli in tutto all'antica chimera, congerie mostruosa di drago, di capra e di lione, però non come la chimera favolosi, ma vivi pur troppo e palpitanti e laceranti nelle sedi del Vaticano.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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