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      Clemente papa, scuoti la polvere del tuo sepolcro, rompi la lapide e mòstrati qual eri allora e quali disegni concepivi: mòstrati insomma quale apparrai nella valle di Giosafatte. Ricusi forse svegliarti dal tuo sonno di marmo? Dirai che al cospetto dell'Eterno soltanto vuoi comparire il giorno del giudizio? Esci: la storia apparecchia il giudizio di Dio e rimuove dalle tombe degl'iniqui la mala erba dell'oblio, onde vi cada intera la maledizione delle schiatte succedentisi nei secoli. Vorrai forse minacciare me de' tuoi fulmini? Ben altri fulmini che non furono i tuoi stanno spenti a Sant'Elena. I nostri pargoli adesso getterebbero via le tue scomuniche come trastulli vieti, - i giullari non vorrebbero rammentarle neanche come facezie. - O san Pietro glorioso, sarebbe il mondo diventato tutto luterano? Mi pare che strilli dal fondo del suo avello cotesto snaturato figliuolo di Firenze. - No, no, cònfortati, papa Clemente; te, Lutero, Calvino, quanti vi hanno preceduto, quanti vi hanno seguito, mitre, corone, porpore, cappucci, Numa, le leggi delle XII tavole, sant'Ignazio da Loiola, Leopoldo I, san Domenico, e tutto quello che fu, il Destino ripose dentro immanissima urna, e l'agita, l'agita, finchè la sorte o la ragione non venga ad estrarne l'arcano della umana felicità. - Esci dunque, Clemente. Ecco, secondo il costume dei papi e dei re, tu vesti un manto vermiglio. A quanti oppressori vissero di sangue talentò mai sempre il colore rosso, - certo perchè non vi si distinguesse sopra quel sangue!


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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