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      Già troppo le nostre contese hanno fatto crescere le petulanze dei popoli; ed io vi dico in verità che, dove non ci stringiamo in lega salda e potente, non andranno secoli che noi rimarremo divorati da cotesta idra, di cui, ponete mente, se cento capi mordono per la libertà, cento altri mordono per la eresia...
      Caso fosse o piuttosto astutezza, Carlo con siffatta sentenza veniva a porre il dito proprio sopra la piaga aperta nel cuore del papa; conciossiachè questi, messo subito da parte il pensiero del danaro, del quale come colui che grandemente misero e taccagno era, intendeva domandargli conto per industriarsi a rattrapparlo, se non tutto, almeno in parte, uscì nelle considerazioni gravissime che seguono:
      Carlo imperatore, ora io dalla vostre parole comprendo come vi abbiano finalmente toccato lo spirito i consigli della Santa Sede. Le cose medesime che adesso vi sfuggono dai labbri non vi diceva Leone X? non vostro maestro Adriano VI? non io medesimo ve le ripeteva le mille volte? È tempo che il trono e l'altare si abbraccino per sostenersi; tempo che noi ci diamo un bacio diverso da quello di Giuda, - da quello che ci diemmo troppe volte, da quello che ci siamo dati fin qui. Finchè i popoli guelfi si mantennero o ghibellini, nè crederono potere altrimenti vivere che parteggiando per lo impero o per Roma, allora la nostra lite fu contesa tra i pastori pel gregge; - ora pur(68) cotesto gregge incomincia a conoscere che può fare a meno della vostra aquila e delle mie chiavi si tramuta in torma di lupi, la quale non pure brama divorare, ma intende divorare sola.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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