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      In ogni caso io sono fermo di non giurare."
      Il pontefice turbato si tacque.
      Carlo agita un campanello d'argento. Le porte della sala si aprono strepitose, e quinci si vedono in due ale lunghissime disposti in ginocchio da una parte gli ufficiali dell'imperatore, dall'altra del papa, e in fondo, di faccia, un prelato in piedi con la triplice croce, insegna della presenza del vicario di Cristo. Carlo medesimo si prostrò davanti a Clemente e in atto di riverenza divota supplicò:
      Beatissimo Padre, vogliate compartirci la vostra apostolica benedizione.
      E il papa, sollevata la destra, susurrò la benedizione. Quali pensieri gli si avvolgessero per la mente, Dio gli sa che li vide, ma anche noi possiamo dichiarare che certamente non furono di amore. Però dei circostanti taluno ne rimase intenerito fino alle lagrime; - tal altro ne sorrise come di scena rappresentata valentemente da attori famosi; - tutti poi si accordarono nel credere che cotesti due potenti avessero trovato utile bastevole per diventare amici.
      E Carlo disparve; - le porte si chiusero, - Clemente si trovò solo nella stanza. - Allora, declinato il capo sul camino, meditò, - meditò per lunghissima ora: all'improvviso si muove e si pone davanti alla sedia che occupò l'imperatore durante il colloquio:
      Carlo d'Austria!
      cominciò a dire alzando il dito e comprimendolo sopra l'angolo della tempia destra, "le libertà dei comuni di Spagna, i privilegi delle città dei Paesi Bassi, le prerogative degli Stati Germanici ti avviluppano dentro rete validissima.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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