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      Il reverendo padre Guglielmo Vandanesse, vescovo di Leon, le parti unte con candido bisso gli asciuga. Ciò fatto, tornano a vestirlo con la cappa reale di teletta d'argento, con un manto velloso di porpora svariata di oro e finalmente con una stola lunghissima, o vogliamo dire sarrocchino di bianchi armellini. Condotto a piè dell'altare dai cardinali Salviati e Ridolfi, il cardinale di Tortosa prima gli cinse la spada, la quale avendo Cesare tratta, tre volte vibrò nell'aria e tre declinò a terra, poi riposatala alquanto sul braccio sinistro tornò ad acconciarla nel fodero. Siffatta cerimonia mandata a fine, Carlo si prostra davanti l'altare, e il cardinale di Tortosa, sempre recitando orazioni adattate all'uopo, ora gli consegna lo scettro, ora il globo, ora finalmente gl'impone sul capo la corona di ferro, ad alta voce proclamandolo re di Lombardia.
      Re di Lombardia!
      gridarono i vicini; - "re di Lombardia!" risposero i lontani; e tanto e siffatto urlo riempì l'aere che pareva andassero subissati il cielo e la terra. I popoli alle parole aggiunsero il batter forte dei piedi, onde si levò un denso nuvolo di polvere, e la terra prese sembianza di vulcano che fuma: dai terrazzi, dai balconi, di sopra i tetti si vedevano donne, cavalieri, popolani, gente in somma di ogni maniera, sventolare pennoncelli di colore, fazzoletti bianchi, rami d'alloro o di mirto: - lungo i muri dei palazzi, dagli architravi delle porte e finestre, intorno ai fusti, su per i capitelli delle colonne si spiccavano figure a guisa di cariatidi viventi, le quali agitavano le braccia in segno di allegrezza.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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