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      Addio: - l'estreme parole furono favellate tra noi; - la medesima plaga del cielo non cuoprirà più le teste dell'Alamanni e del Doria. L'ultima stella è caduta. - Io gemerò, finchè abbia vita, sulla perduta tua fama. Dopo Camillo romano, a nessuno fu dato essere più grande di te. Vorrei lasciarti e non posso. - Ah! Doria, salva la patria. - Addio: - io ti getto, in pegno di un'amicizia che spira, la scelta di farti il più grande o il più infame degl'Italiani. Abbatti la statua e sii contento che la tua memoria viva nella nostra anima; rendi alla patria le navi con le quali la salvasti e con le quali, volendo, potresti nuovamente ridurla schiava(89); - o se pur vuoi continuare a governarla, dirigine il corso contro ai barbari: - barbari io chiamo tutti gli stranieri in Italia. - Le Alpi passate e il mare, tornerò ad appellarli cristiani... fino allora, barbari e cani.
      E la fede giurata all'imperatore?
      La devi prima di tutto al tuo paese. - E al Cristianissimo non l'avevi per avventura giurata? E non per questo ti trattenevi dall'abbandonarlo. - Se il re Francesco scambiavi con Carlo, ti guadagnasti il nome di traditore... se l'uno e l'altra per la patria tu lasci, o felice o infelice, gli uomini altari t'innalzeranno e preghiere...
      E fu fatto silenzio.
      Luigi!
      dopo un breve spazio di tempo esclamò il Doria, ma non ottenne risposta, "Luigi! Luigi!" replicò frettoloso, come se forte gli premesse di comunicargli un arcano.
      Luigi si era pianamente di colà rimosso, lasciandogli la tremenda alternativa di essere grande od infame.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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