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      - Oh! la bella cosa sarebbe, se anche noi potessimo pagare a titoli coloro i quali ci rendono servigio: io per me non dubiterei di conferire una croce di santo Stefano papa e martire il mese, per salario al mio servo: - potrei dargli di meno?
      Il papa però non volle rimanere vinto, e in quel punto s'istituiva tra loro una gara di beneficenze; - sicchè, quando asceso sui gradini più sublimi dell'altare si volse al popolo e lo benedisse, aggiunse le parole: "Concediamo a tutti intiera remissione di tutti i peccati e indulgenza plenaria per quattrocento anni!!!"
      Se i popoli rimanessero tolti fuori di sè per l'allegrezza, non è da raccontarsi; ed io, che dopo tanta distanza di tempo m'immagino quanto gaudio nei cuori loro dovesse scendere dall'aspetto imperiale e dalla indulgenza di quattrocento anni, non posso trattenere dolcissime lacrime di tenerezza. Potessi almeno rendere partecipi i miei nobili lettori, in benemerenza dell'avermi seguitato fin qui, dei tesori inestimabili profusi dal sommo pontefice e dallo imperatore augustissimo a chi sa quanti paltonieri e plebei! Perle veramente sciupate contro il testo espresso dello Evangelo!
      Fuori del tempio il popolo urlava, insaniva, fremeva a guisa di baccante scapigliata; perchè nessuna scintilla d'intelletto gli balenasse su l'anima, qui è pane, qui copia di vino, camangiari e giullari. Sopra una colonna di marmo stava l'aquila imperiale. "Che per più divorar due becchi porta", come un giorno cantò l'Alamanni; la quale da uno de' suoi becchi versava vino rosso, dall'altro vino bianco, e giù intorno alla base della colonna vedevi prostesi uomini deturpati da oscena ubbriachezza.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Stefano Evangelo Alamanni