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      Lupo, sdegnoso per la inerzia di Ludovico, cosė lo riprende:
      Vico, davvero io vi credeva pių caritatevole verso il prossimo. - Datemi una mano perchč io non so quello che mi faccia: - fosse ella colubrina o smeriglio saprei il modo di aggiustarli io... una fanciulla cosė delicata... in questo stato... che cosa volete? non me ne intendo e intanto la poverina patisce... - Qua via, porgete il lume, vediamo mo' s'ella fosse rimasta ferita nel capo. - Tenete ferma la mano; - cosė non vedo nulla: - ma che diavolo avete nelle braccia che le vi tremano come se la quartana vi fosse venuta addosso?
      - Cosė favellando Lupo spartiva dietro il capo il volume delle chiome alla donzella e, al moto delle dita aggiungendo il soffio, speculava se vi fosse lacero o contusione. - "Gran male io non ci veggo; ora abbisognerebbe un po' di aceto... cercate, Ludovico, se vi venisse fatto di trovare o penne di pollo o esca od anche carta, che gliela bruceremo sotto il naso e la faremo rinvenire: - io la scingerei, ma non mi attento; e' sono cose queste che non si aspettano a' maschi..."
      Ludovico, come risensando, senza dar mente alle parole di Lupo, aveva giā tratto un pannolino di tasca e, intintolo nell'acqua, dolcemente bagnava le tempie alla donzella. Nč stette guari che, in quella guisa che l'aere vermiglio all'orizzonle annunzia vicina la lampa del sole, il colore della giovanezza e della salute, diffondendosi sul volto alla fanciulla, presagė vicino il ritorno dell'anima agli usati offici. Alfine trasse un gran gemito, e lo splendore degli occhi si manifestō. Li volse esterrefatta d'intorno, e la prima parola che uscisse dalle sue labbra fu:


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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