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      Disprezzato il pericolo, mi palesai e corsi ad abbracciarlo esclamando: Sono salva! - Egli non poteva abbracciarmi, che ambe le mani dietro al dorso gli avevano legate; - mi baciava... piangeva... mormorava parole per passione soverchiante confuse. Così i nostri mali obliavamo, quando uno dei masnadieri in sembianza superiore agli altri mi viene appresso, e di forza piegandomi verso lo incendio mi guarda allo splendore delle fiamme della mia casa con piglio tra ladro ed osceno, poi vôlto ad un suo cagnotto, comanda: - Menala assieme con le altre. - Stende il cagnotto le mani; - io mi riparo alle spalle del padre; e questi, siccome ira ed amore lo consigliano, privo d'ogni altra difesa, a morsi mi difende; - ed ora prega, ora impreca affannoso. - Il caporale, infastidito da coteste imprecazioni, esclama: Pieraccio, fa che il tristo corvo si accheti; - e per sempre. - Il cagnotto si trasse indietro, calò giù dalle spalle l'archibuso, tolse di mira il padre mio, ed accostando la corda accesa al focone, sparò contro di lui. - Egli cadde rotolando dentro la fossa che circondava il giardino, ed io ancora caddi, come se il colpo medesimo avesse ucciso due creature. Quanto tempo durassi in tale stato, non saprei: allorchè rinvenni, mi trovai dentro una capanna angusta, e intorno a me certe fanciulle del vicinato per lunga domestichezza mie familiari. S'ingegnavano con diversi argomenti richiamarmi alla vita. Posai pertanto di alcun poco la paura; e sopra tutto mi fu a bene cagione la vista di monna Lucrezia Mazzanti da Figline.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Pieraccio Lucrezia Mazzanti Figline