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      Coteste parole non mi confortavano punto; ricordai lo scoppio dell'archibugio, il padre scomparso, e stemperandomi in pianto, più e più sempre invocava il mio povero padre. Le compagne, male sapendo come consolarmi, dolenti anch'esse per eguali sventure, piansero al mio pianto, ai miei gridi gridarono. Sola madonna Lucrezia, trattenute le lagrime, non facendo atto che apparisse vile, con soavi parole ci conforta, in mille modi diversi s'ingegna raumiliarci: - Il pianto, ci dice, ai colpi di fortuna non giova anzi gli aggrava; togliessimo animo pari ai casi con i quali il Signore intenderà provarci; rammentassimo le donne di coloro i quali con rischio della vita avevano pigliato in mano la difesa della patria non dovevano piangere; a nemico superbo opponessimo altero petto; un giorno anch'essi scontrerebbero amare queste esultanze nefande; a Dio volgessimo il cuore rassegnato e contrito; alla Madre Santissima ci raccomandassimo; serbassimo la vita finchè potevamo con onore; se no, scegliessimo la morte, e il cielo si aprirebbe a raccogliere la nostra anima cantando le glorie dei martiri. - Così accesa nel volto con occhi lucenti favellava la santissima donna, quando, schiusa la porta, apparve tra noi l'abborrito ordinatore della morte di mio padre. Le compagne mi si strinsero attorno, come colombe paurose del nibbio; io lo guardava fisso e sentiva ribollirmi nel cuore orribile sete di sangue, sicchè se mi fossi trovata in mano daga o archibugio e avessi saputo come si uccide un uomo, lo avrei trucidato di certo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Lucrezia Dio Madre Santissima