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      - Costui, che seppi tenere grado di capitano, e chiamarsi Giovambattista da Recanati, si restrinse a colloquio con Madonna; procedevano da prima le sue parole dimesse, la persona piegava in atto di ossequio, - poi diventò a mano a mano, concitato nel dire, gli occhi gli avvamparono ardenti. Madonna rispondeva raro, come schermendosi da molesta domanda, e noi la vedevamo ora impallidire, ora arrossire a guisa di persona posta al tormento. All'improvviso quel tristo proruppe: - Fin qui pregai. Ora sappiate ch'io posso volere e voglio... - Lucrezia lo supplicava tacesse, il luogo considerasse e le persone; ma l'altro non udiva ed ambe le braccia distese per afferrarla. In quello estremo la donna gli strappa la daga dal fianco e, alquanto indietreggiando, gliel'appunta alla gola gridando: - Scostati, o sei morto. - Il capitano si trasse in disparte e, contraendo le guance, fece greppo e mostrò i denti come fiera che si apparecchia a divorare la preda. - Era il suo riso. Poco appresso rincorato, - Madonna, le disse, rendetemi la daga: voi ricambiate odio per amore; - questo fa torto alla vostra pietà. - Ed ella: - Sì, certo, io non voglio comparire davanti al mio Creatore coll'omicidio sull'anima. Non a voi, capitano, sibbene a me stessa, darò la morte, se vi accostate anche un passo. - Non ne farete niente, Lucrezia! - e si favellando si avvicina; allora ella volge la punta al proprio seno e si apre le carni, cosicchè ne spiccia larga vena di sangue. Noi alzammo un terribile grido.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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