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      to a quel suono. - Andai per un tempo alla ventura, poi, ravvisando strade a me note, deliberai tornare dove fu la mia casa, sperando rinvenire il corpo di mio padre, dargli sepoltura e quindi commettermi alla fede di taluno conoscente od amico. - Pur giunsi, - riconobbi i cancelli atterrati, il bel giardino svelto; - ma mi premeva altra cura. Dal terrore agitata e dalla pietà cercai per le fosse l'amato cadavere. Per quanta diligenza io vi adoperassi, non mi venne fatto trovarlo. - Mi avvio dolente verso l'aia dove surse la casa, adesso ingombra di frantumi e di ceneri. - Mentre più mi avvicino, odo un sospiro fievole, e subito dopo vedo un simulacro umano in mezzo a quelle rovine; intendo più alacre il guardo... e mi parve lo spettro di mio padre. Se pure fosse stato tale, amore mi consigliava di andargli incontro, ma la paura mi vinse, e fuggii prorompendo in altissimi stridi. - Nel tempo stesso la voce paterna mi percuoteva le orecchie chiamando: - Figliuola, figliuola! - Così vicini a riunirci per miracolo del cielo, di nuovo ci dividevamo, - e forse per sempre, - se all'improvviso il cane fedele, superstite a tante sciagure, non mi avesse, afferrando il lembo della veste, impedito di correre. Ci abbracciammo dimentichi dei sofferti mali; caduto era il padre non già di palla, bensì per essergli mancato il terreno di sotto i piedi, e al tempo stesso, sparando l'archibuso, parve rimanere ucciso, mentre per divina provvidenza la palla, strisciategli le vesti, appena l'offendeva.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163