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      Don Francesco di Covos, commendatore maggiore di Lione, invece di confortarci, ci minacciava guai, se non avessimo convenuto con Sua Santitą e presto. - Ah! cittadini miei, quanto io ami la patria, sapete; i sagrifizi che io sono pronto a fare per lei potrete uguagliare, non superare. A me poco premono gli averi, la vita nulla: e nondimanco io torrei piuttosto danni anche maggiori, se maggiori si possono apportare all'uomo, che soffrire un'altra volta tormento come questo, senza pari nel mondo. Per compire intiero l'ufficio doloroso, non volemmo tralasciare il confessore di Cesare, il quale distintamente ci rispose avere Sua Maestą fatto consigliare questa causa, tenerla giusta, tanto pił poi persuadendola il vicario di Cristo e cittadino della nostra cittą; per la quale cosa doveva presumersi fosse non pure giusta, ma pia; inoltre avere Cesare obbligata la sua parola e non esserle per mancare giammai, sapendo egli confessore che Cesare era quanta fede fosse nel mondo. Ancora disse che la cittą, per avere stretto lega co' Francesi e mandato gente al campo di Lautrec a sovvenirlo nella impresa di Napoli, doveva considerarsi decaduta dai privilegi concessi dai passati imperatori."
      Un turbine di grida interuppe l'oratore, che si rimase con labbra tremanti, ansioso di proseguire; e alla domanda di Dante da Castiglione, la quale, malgrado il trambusto, gli percosse piena le orecchie al modo di tuono:
      E con qual fronte sosteneva costui siffatte scelleratezze?
      Con fronte da frate
      , rispose il Guicciardino, "e con atti tali che sembrava crederle come appunto le diceva.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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