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      Rimasero sulla piazza dei Signori Bono e il Morticino, - quegli salvato dal danno, questi impedito dal farglielo: - e non per tanto o non si odiavano, o si odiavano di un odio minore a quello che portavano entrambi a Dante. Se avesse potuto l'uno contemplare lo sguardo dell'altro, che tenevano ardentemente teso sopra il Castiglione, il quale si allontanava, si sarebbero abbracciati come fratelli, - per istringersi poi nel vincolo pių saldo che mai possa legare due cosiffatte creature, - voglio dire il delitto.
      Pensava Bono nella codarda anima sua: "Oh! potess'io pagarti la difesa con una manciata di veleno nel vino che beverai stamane."
      L'Antinori sentiva una voce fastidiosa, come di sega, mormorargli intorno alle orecchie: "Cotesto uomo nč vincerai nč uguaglierai tu mai: ti supera in tutto, fa di suscitargli querela e tenta ch'egli muoia per le tue mani o tu per le sue.
      Umano cuore! Era pur meglio tu talvolta rimanessi creta!
     
     
     
     
      CAPITOLO OTTAVO
     
      GIOVANNI BANDINO
     
      Io con gli occhi dolenti e il viso bassoSospiro e inchino il mio natio terreno,
      Di dolor, di timor, di rabbia pieno,
      Di speranza e di gioja ignudo e lasso.
     
      ALAMANNI, Sonetti.
     
      O paese, o paese, o paese!...
     
      GEREMIA, cap. XXII, v. 22.
     
      Se la tua mano non si contaminō giammai effigiando immagine di tiranno, - se nel tuo petto arde la fiamma del genio italiano, giovane fabbro che avesti dal cielo potenza d'imporre alla pietra sembiante umano, vieni e scolpiscimi Italia. - Prima di volgere la mente a concepirne il pensiero contempla il suo cielo azzurro e sereno, le cerulee marine, i campi floridi, i colli ridenti; - poi guarda il Colosseo, i ruderi del Foro romano, le basiliche del medio evo, il tempio di Michelangiolo; - rammenta i fieri giuochi dei gladiatori, le solenni ecatombi, il muggito dei bovi percossi dalla bipenne empire le volte del Panteon di Agrippa, Giulio Cesare pontefice massimo; ancora, - il memore intelletto diffondi sui trionfi dei re della terra incatenati al Campidoglio, sopra la lega lombarda, su Federigo Barbarossa, il Serse superbo dei bassi tempi disfatto, - all'improvviso chiudi la porta del passato e guarda un gregge di preti e di frati, sozza ftiriasi(131), brulicanti pei capelli e per le membra di una donna estenuata, - una generazione d'idioti, genuflessa davanti a mille idoli dipinti di rosso, di verde e di giallo, svolgere col volto compunto una serie di globi di legno, o di pietra.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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