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      - Comunque vi ponessimo diligentissima cura, non potemmo tanto cauti procedere nei nostri amori che alfine uomo non se ne accorgesse; già non si cela amore! - All'improvviso ogni via di vederla mi venne tronca nè in chiesa più nè in casa di amiche o di parenti; il suo palazzo chiuso, impenetrabilmente chiuso. Certa notte ch'io mi vi aggirava d'intorno come forsennato, sento una man forte percuotermi sopra la spalla e minacciarmi una voce: - Fa di allontanarti da queste contrade, se tu non vuoi lasciarci la vita. - Trema egli Appennino ai venti di primavera? Tale mi rimasi io alle superbe parole, e continuai a visitare di e notte quei luoghi più frequente di prima. Non corse gran tempo da questa a un'altra notte nella quale, passando vicino alla dimora dell'amata donna, di repente un colpo mi ferisce sul fianco; e fu sì fiero che, sebbene io me ne andassi riparato di giaco, il pugnale lo trapassò fuor fuori rompendovisi dentro: poco mancò non percotessi con la faccia la terra; non mi smarriva di animo per questo e, tratto di sotto la cappa la spada, mi posi in difesa; erano tre, e due fuggirono, il terzo rimase; essendo buio fitto, ci saremmo per certo uccisi ambidue, quando i vicini svegliati al rumore si affacciarono ai balconi coi lumi; io vidi allora il mio nemico armato di spada e pugnale: a mia posta strinsi lo stiletto, ed opponendo al suo stile la spada, alla sua spada lo stile, cominciammo un gagliardo combattimento; i vicini urlando raccomandavansi non volessimo insanguinare la contrada; vedute riuscire le raccomandazioni invano, chiamavano la famiglia del bargello; noi non gli ascoltavamo e tuttavia attendevamo a schermire.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Appennino