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      Dove andò la sua anima? Che importa saperlo? Nessuna creatura al mondo si spense con maggiore desiderio di morte. - Poc'oltre uno sciagurato usuraio, impazzito pel furto della male raccolta pecunia, giorno e notte contava il danaro, dieci, cento, mille, in suono profondo, monotono, da disperare chiunque l'udiva; talvolta fantasticava di avere al cospetto la vittima e ripeteva le parole che certo gli furono abituali nell'esercizio dell'infame mestiero: - Non posso, in verità non ho danaro, l'argento è caro, ne parlerò ad un amico che non vuole essere nominato; tutto in monete già non isperate di avere; voi avete una cera da giovine dabbene, m'ingegnerò di farvi servizio come se fosse per me: - tale altra raccomandava al servo frugasse la casa, avere udito rumore; oppure rampognava il fabbro su le serrature deboli e non le voleva pagare... ma quando gli ritornava al pensiero il giorno in che vide la cassa scassinata e vuota dell'ultimo soldo... oh! allora sì, che cacciava gridi presso i quali perdevano il paragone quelli disperati della madre che chiamava la figlia dell'adulterio. - Dirimpetto, un pazzo si credeva mutato in orologio, e rigido rigido lungo il muro agitava la destra a guisa di pendolo, con la bocca indicando i minuti, i quarti dell'ora, le mezze, le intere ore e così durò finchè una notte proruppe in urlo spaventevole, poi disse: Tremate! il tempo cessa, l'eternità si avvicina, io batto l'ultima ora; - e la battè, poi tacque: sentii inondarmi di sudore ghiaccio le membra, mi si rizzarono i capelli; - alla dimane il matto fu trovato morto bocconi per terra; gli si era rotta una vena sul cuore, ed aveva spirata l'anima fra un torrente di sangue.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Tremate