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      L'altro impetuosamente apre il volume e col dito convulso scorre diverse parti delle sue pagine, finchè quasi condotto da ispirazione lo ferma sopra un punto; tutto anelante con la manca si tira giù dagli occhi la benda ordinando al tempo medesimo:
      Accostate il torchio, ch'io legga l'oracolo.
      La stanza era buia.
      Gherardo! o messere Gherardo! Il lume! avess'io perduta la vista! Gherardo, parlate... io non ardisco muovermi per amore dell'oracolo.
      E Gherardo, per quanto glielo permette il battere dei denti, risponde:
      M'è caduto il torchietto di mano... abbiate pazienza...
      Messere Luigi non volle abbandonare il libro, ed ora con umili istanze, ora con parole concitate, gl'impone riaccenda il lume. Quando non senza molte difficoltà la candela fu accesa messere Luigi drizzò bramoso gli occhi al volume e lesse ad alta voce: Eeu fuge crudeles terras fuge! litus avarum(145)! - rimase attonito per lunga pezza; l'altro che non intendeva di latino del suo tremore tremava e non ardiva aprire la bocca; all'improvviso messere Luigi quasi uscisse dallo spavento del fantasima afferra per ambe le braccia messere Gherardo e gli dice:
      Rompiamo gl'indugi: - qui non v'ha tempo da perdere, fuggiamo...
      Oh! Dio! senza cena?
      Se non preferite il cenare al morire.
      Con terribile impeto di repente si schiude la finestra; i vetri percossi si spezzano fragorosamente, e per tutta la stanza se ne spargono i frantumi, al tempo stesso una voce severa si fa sentire che dice:
      Codardi! voi rinnegate la patria, - la patria rinnega voi; sgombrate subito; - il nuovo giorno vi troverebbe sospesi per la gola.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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