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      In cotesti tempi, nei quali la superstizione forte agitava le menti del popolo, non è da dirsi se durante la notte aborissero volgere i passi da cotesta parte; e il magistrato la sceglieva appunto per essere sicuro di non rimanere interrotto nel misterioso colloquio.
      A passi lenti il nostro personaggio percorse due o tre volte il ricinto; a mano a mano i suoi passi diventarono più celeri: i pensieri gli sorgevano e roteavano turbinosi in mezzo del capo: umana favella non avrebbe potuto significare i suoi affetti; in un baleno scorreva tempi remoti e recenti, immaginava i futuri; si sdegnava, s'inteneriva, esaltato dalla contemplazione di qualche alto disegno in regioni meno triste della terra che calpestiamo, si sublimava, o all'improvviso, morso dal dubbio, gli cadevano giù le forze e la speranza, e piangeva; finalmente gli proruppero dall'intimo seno queste parole sconnesse:
      Io cammino su le ossa di duecento e più mila uomini(146)! - Qual fiamma uscì da costoro prima che si facessero tanto mucchio di cenere? - Nulla; - e sì, che tutti sortirono un cuore per sentire, una mente per pensare, un braccio per percuotere; - nulla! e sì, che l'anima loro ondeggiava continua, come quella degli altri viventi, tra l'odio e l'amore. - La notte m'impedisce leggerne gli epitafi; se il sole con la pienezza dei suoi raggi gl'illuminasse, tornerebbe lo stesso, perocchè il tempo abbia la sua notte profonda, e l'oblio sia la sua tenebra. Eppure tante anime non possono avere vissuto invano! Chi sa quanti Alighieri dal divino intelletto, quanti Micheli Lando, quanti Pieri Capponi, quanti Giacomini Tebalducci dormono qui sotto i miei piedi!


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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