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      Michelangiolo si compiacque alquanto nel considerare cotesti arditi contorni; - vagheggiò quella parte dell'orditura del corpo umano, poi, soddisfatta la voglia di artista, lo prese amore dei male accorti: "Indietro!" grida, entrando improvviso in mezzo di loro, "porgetemi dei travicelli; qui, spingeteli qui dentro; ora vi adattate sotto una pietra; notate, quanto più il punto di appoggio si accosta al punto di contrasto, maggiore forza acquista la leva: - ora da questa parte, uniti insieme, pieghiamo la leva verso terra... su... su... su... ecco voltato il lastrone... continuate in questa maniera, e fra mezz'ora lo avrete posto in cima." Di lì si stacca, e arriva ai fossi che si scavano sopra altra parte del monte: i manovali barellano la terra e, gettandola lungo i baluardi, s'ingegnano a renderli sempre più stabili; un vecchio di bell'apparenza e di sembianza degna di meno umile ufficio, rimasto solo, si sforza di recarsi in capo la barella, e senza aiuto far solo e vecchio quello che gli altri in due e giovani fanno; però la facoltà non rispondeva al proponimento, sicchè nel volto gli si legge l'ostinazione che manca, e lo sconforto che comincia. Michelangiolo gli è sopra, lo considera alquanto e poi: "Padre", gli dice, "e' parmi che voi non siate fatto per così basse opere." - "Bassa opera!" risponde il vecchio; "quando torni in utilità della Repubblica, io non so come la si possa chiamare bassa." - "Ma via, tra zappare, barellare la terra", soggiunge il Buonarroti, "e dettare leggi ci corre a mio parere una certa tal quale differenza.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Repubblica Buonarroti