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      Vico pervenuto sul limitare, stupefatto della strana accoglienza, si ferma ed esclama:
      Lena!
      La vergine trasalisce, e non le riesce snodare la lingua.
      Lena!
      ripete Vico e impetuoso si dirige con presti passi verso di lei così favellando:
      Tanto vi sono ad un tratto diventato increscioso che voi mi rifiutate quello che onestamente non sapreste negare a qualsivoglia cristiano vi occorresse per via, - un saluto di pace? In che vi offesi? I giorni vostri io non turbava mai. - Perchè sorrideste ai miei ritorni, alle partenze sospiraste? Perchè, secondo ch'io mi presentava o lieto o tristo, impallidiste o arrossiste? - Erano lusinghe queste? Ed io ti reputava pura, innocente, come l'alba del primo giorno che spuntò su la terra! Ahi, tristo me! tu mi hai ingannato:... a voi tutte, femmine, Eva donò l'arte di presentare all'uomo la morte sotto la specie di un frutto.
      La giovinetta rimaneva come sbigottita da cotesto linguaggio; la cagione dello sdegno non comprendeva; grosse lacrime le scorrevano lungo le guance; sentiva un immenso duolo opprimerle il cuore pronto a scoppiare: alla fine proruppe e, precipitandosi a terra, abbraccia in atto d'ineffabile angoscia le ginocchia di Vico. Questi a sua posta si smarrisce, le parole gli mancano, sta incerto su quanto dicesse o facesse.
      Oh! non mostrarmiti sdegnato,
      , favella la vergine: "In che ti offesi? Se non lo sapendo ti recai ingiuria, perdona; io sono semplice, e avvezza agli usi di villa... io non sorgerò da terra finchè tu non mi abbi perdonato.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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