Pagina (427/1163)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      - Io però non levai gli occhi, li declinai, perchè - Dio mi perdoni - il tuo volto mi parve più bello del cielo.
      Tu lo rammenti? - posavi il tuo capo qui sul mio seno; l'arteria della tua tempia rispondeva al palpito del mio cuore.... stretti così che il suo calore t'infiammava le guance, le quali si facevano vermiglie con gli effluvii della mia vita. - Io poi, come chi si diletta guardare pei lavacri più puri che sgorgassero mai dall'urna della ninfa le arene d'oro giù nel fondo, con i miei occhi intenti nei divinissimi tuoi contemplava traverso il nero delle tue pupille effigiata la breve mia immagine e credeva vedertela impressa in mezzo dell'anima. Noi non dicemmo parola, - nè un sospiro, - nè un alito. Talora lieve lieve io sfiorava co' labbri la tua fronte, come per deporvi la corona dell'amore. I nostri spiriti armonizzavano splendidi quando la gemma e come lei pellegrini. Noi non giurammo di amarci, credemmo la eternità verrebbe meno nel misurare la durata del nostro amore; - stimammo il nostro affetto più immortale di Dio!....
      Il tempo che, comunque antico, sapeva dovergli bastare la vita per vederne la morte, sorrise, - il tempo che cancella le generazioni, i sepolcri e le memorie, - perchè lascerebbe intatto un sentimento del cuore? Non ha egli forse consumato i caratteri incisi sul granito orientale?
      Chi mi dirà la traccia dell'aquila traverso il cielo? Chi distingue là via del serpente sopra la terra? Chi potrà conoscere che l'amore abbia agitato le anime nostre? - Ahimè! le ceneri fanno testimonianza dello incendio.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Dio