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      Questi, côlto il destro, fuggiva l'ira bestiale; e gli altri circostanti, prevalendosi della lotta tra il principe e il Bandino, il primo per isvincolarsi dalle braccia del secondo, il secondo per trattenerlo, si allontanarono. Quando il principe risensò, si rinvennero soli, allora Filiberto, profondamente avvilito, si lasciò cadere sopra una sedia, e la faccia nascondendo in ambe le mani, singhiozzò forte senza pianto e poi cominciò dolente:
      Cristo! ieri la mia fama era anche bella... gloriosa, - era splendida, - adesso poi chi vorrebbe la mia fama? - Fosse un mantello, lo rifiuterebbe il miserello ignudo in una notte di dicembre! - Sono diventato infame! - Domani verranno i soldati a domandarmi le paghe, ed io qual cosa risponderò loro? - Le ho giocate. - Noi abbandonammo le case lontane, parmi udirli dire, il sangue nostro vendemmo per mandare il soldo alla vecchia madre, onde avesse pane. - Ebbene, io ho giocato il sangue vostro... il pane della vostra madre... Tacete... o v'impongo silenzio facendovi stringere col capestro la gola.... Villani! ringraziate il cielo dell'onore che vi concedo di potere versare l'ignobile vostro sangue in vantaggio di Sua Maestà l'imperatore.... Ah! invano mi adopro a soffocare la coscienza cacciandole in gola il mio mantello di barone... la coscienza mi morde... m'infastidisce la vita.
      La vostra tela non è anche ordita, o principe... fatevi animo....
      Voi siete rimasto qui per godere della mia umiliazione... voi esultate della mia caduta... Italiano d'inferno, sgombra dalla mia presenza.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Bandino Filiberto Sua Maestà