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      Hanno predicato assai; adesso bisogna rinfrescarle. - E fattasi portare una bigoncia di acqua, procurava freddarle; poi si rimise all'opera più affaccendato di prima.
      Gli Orangiani, quantunque per continue perdite si vedessero scemi, non rimettevano punto dell'ostinatezza di volere espugnare la città: pareva loro, ed era troppo grande vergogna, che, vincitori in mille scontri di milizie vecchie, dovessero ora voltare le spalle dinnanzi ad una mano di uomini pur testè intenti ai fondachi e alle arti della seta e della lana; ormai non isperavano più di vincere, ma prima di ritirarsi desideravano o vendicare la morte di qualche compagno, o di alcuno bel fatto onorarsi. Per questa volta la fortuna era disposta a camminare del tutto loro contraria. Un alfiere d'incredibile ardire e di singolare prestanza si vantò tra i suoi voler porre in cotesta notte la bandiera su le mura di Firenze o morire; per esser più spedito, non tolse altra armatura che la barbuta e la rotella, già, perigliando su l'aereo cammino, perviene al margine estremo del bastione, lo tocca, e spiccato un salto, lo preme: alza il braccio per piantare la bandiera, apparecchia nei capaci visceri il grido annunziatore del vanto adempito agli amici, quando ecco giungere tempestando a quella volta Dante da Castiglione; egli, secondo l'usanza sua antica, con ambe le mani stringe la spada, e allorchè il barbaro meno se lo aspetta, acconsentendo della persona, con tale smisurata forza gli abbriva un manrovescio che gli spicca la testa dal busto e taglia parte della bandiera; la testa e la bandiera cascarono rotolando in città, il busto mutilato, con le mani prosciolte, sgorgando delle vene recise un torrente di sangue, rovinò lungo le mal salite scale; in quel punto alcuni archibusieri fanno fuoco, e la luce che n'esce rischiara l'orrendo spettacolo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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