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      Le acque del fiume ingrossato per la pioggia coprivano quanto era ampio il letto; disagevole quindi il sentiero e pieno di pericolo: vinse ogni impedimento la fermezza del commessario Ferruccio. Alla fine quando a lui parve bene di ritornare su la via maestra, ordinò si provassero a salire gli argini: non è da dire se incontrassero difficoltà a cagione della terra smossa e del pendio sdrucciolevole; l'unghia dei cavalli vi si affondava, nè più valevano a ritrarre le zampe dall'orma impressa. Qui gli animali non furono di aiuto agli uomini; toccò agli uomini sovvenire agli animali; tanto fecero, tanto s'ingegnarono che, brutti di fango, mézzi di acqua, pervennero sopra il desiderato sentiero senza perdere un cavallo. Il Ferruccio tese lo sguardo dintorno e non iscoperse alcun fuoco; forte gli tardava di ridursi in Empoli, pure non ardiva levare la voce, e il tempo incalzava: "Vico", chiamò egli quantunque non lo vedesse, - e Vico gli stava al fianco, - "figliuolo mio, adesso ti conviene adoperare non so se maggiore lo scaltrimento o l'audacia: scendi da cavallo, inóltrati pei campi senza rispetto, chè ormai il calzare è guasto, e vedi di ragunare gli sbandati; dilungati un quarto di miglio; poi, avventuroso o no nella ricerca, ritorna sopra i tuoi passi: io ti aspetto."
      Vico, robusto di corpo, nella età in cui la fatica appena si sente, corre e specula: andò un buon tratto senza udire e vedere cosa alcuna: all'improvviso discerne un fuoco, poi due, poi dieci, sparsi ed incerti, siccome nelle notti di estate compariscono le lucciole giù per le valli: erano ben dessi i compagni: parte già stavano adunati; altra parte, e maggiore, pervenne a raccogliere egli medesimo; sicchè quando reputò opportuno raggiungere il commessario cinque soli mancarono, quattro dei quali riguadagnarono per somma ventura la città, uno cadde prigioniero.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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