Pagina (507/1163)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Va... lasciami in pace... - e non farmi più così paurosamente aprire le palpebre... le tengo chiuse per insegnare loro a morire.
     
      Il Morticino degli Antinori nella sala di casa sua attendeva a contare; aveva noverato fino a cinquecento, quando palpitante di ansietà gittò uno sguardo cupido nello scrignetto per vedere se bastassero... gli parve di sì... riprese a contare - seicento; riguarda e si conferma nella speranza; - settecento; - ottocento; - se pochi ne mancano, saprà ben egli dove trovarli; - novecento... e quell'orgoglioso Castiglione... avrebbe voluto avvilirlo... e, oh dolore! egli avrebbe dovuto piegare l'anima all'avvilimento... lo avrebbe fatto, - e si sarebbe poi ucciso... - adesso... oh ineffabile esultanza!... novecento novantanove... mille!
      Un fante sollevando l'arazzo teso a guisa di portiera davanti alla porta principale della sala gridò:
      Messere Dante da Castiglione.
      Ben venga il Castiglione - ben venga.
      Dante inviluppato dentro largo mantello bruno s'inoltra taciturno e, posato sopra una tavola certo sacchetto di danaro, si riduce a favellare coll'Antinori nel vano di una finestra:
      Morticino, io non so perchè voi mi portate rancore; avete torto: - io vi amo, e voi pure dovreste amarmi. Voi avete un nobil cuore, - e non è vile il mio; - l'uomo soffre tanto nell'odiare!... più che non tormenta egli è tormentato. - Tali angosce seminano su la nostra vita le infermità, le sciagure che davvero, per essere infelici, non fa mestieri aggiungervi dolori con le nostre mani.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Morticino Antinori Castiglione Dante Castiglione Castiglione Antinori