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      Quell'urlo intronò tutto il palazzo nei penetrali più intimi e valse a scuotere la madre del Morticino dal suo consueto letargo. Aprì le palpebre gravi e domandò:
      Ch'è questo?
      La compagnia dei frati di san Domenico venne pel morto....
      le rispondevano.
      Avvisatela che si trattenga un'ora e porterà via anche me,
      Ciò detto, riabbassò le palpebre e s'immerse di nuovo nel letargo della decrepitezza.
      La fama dell'angoscia mortale del Morticino correva di bocca in bocca, e molti ne sentivano pietà; più molti, sapendolo fastidievole e tristo, pensavano gli avesse Dio mandata quella tribolazione per umiliarlo. Quando giunse all'orecchio di Dante da Castiglione, questi, siccome era magnanimo, deposto subitamente ogni rancore, deliberò di farsi a confortarlo: invano voleva rammentarsi la ingiuria patita; lo avrebbe odiato felice, ma lo amava misero; e parendogli ancora di potergli dire cosa che lo avrebbe richiamato da morte a vita, statuì seco stesso di non indugiare più oltre, perocchè in compagnia del Martelli, del Busini, del Bichi, dell'Arsoli e di altri illustri soldati e cittadini s'incamminò alla volta del palazzo degli Antinori.
      Il Morticino non si accorse della loro venuta. Dante gli si accostò e, ponendogli una mano sopra la spalla, gli disse una sola parola. Di repente nel Morticino la virtù dello sguardo si rifece viva, lascia la mano del morto, trasalisce, guarda fisso Dante nel volto e con immensa passione esclama:
      Bada di non ingannarmi.
      La mia bocca ignora la menzogna, ed apparécchiati.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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