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      Procedendo nella sua splendida carriera, venne in animo al Ferruccio tentare cose maggiori, e però scrisse ai signori Dieci gli mandassero alcuni cavalli; i quali, ormai conosciuta la virtù dell'uomo, gli spedirono Iacopo Bichi e Amico Arsoli, che volentieri vi andarono: con questi scorrendo Val di Pesa una volta sorprese e condusse prigionieri cento cavallieri spagnuoli, un'altra volta sessanta. Così fidato nel valore de' suoi, deliberò riconquistare ai Fiorentini San Miniato al Tedesco. Gli Spagnuoli, quando prima giunsero su quel di Firenze, presero cotesto castello e, messovi dentro forte presidio, quinci tenevano infestato il cammino da Pisa a Firenze. Il commessario, provveduto buon numero di guastatori e artiglierie e zappe e scale e picconi e ordigni altri di guerra, andò ad assaltarlo; le difese degli Spagnuoli, tuttochè ferocissime non valsero; gli aiuti dei terrazzani medesimi più poco giovarono; egli primo, il Ferruccio, salito sopra la breccia, sostenne l'impeto del nemico e diede abilità ai suoi di penetrare a forza e tagliare e pezzi quanti si paravano loro dinanzi. - Presa la terra, rimaneva la rôcca, dove si erano ricoverati non pochi nemici e quivi facevano le viste di rinnovare la battaglia. Il Ferruccio, insofferente di riposo, con la rotella al braccio, la spada in mano, gridò a' suoi: "Finchè la bandiera imperiale sventoli sulla roccia, noi non abbiamo anche vinto; all'assalto! all'assalto!" E si precipita il primo. Erano stanchi i suoi, erano sanguinosi, ma potevano senza infamia eterna del nome loro lasciare solo nel pericolo il prode capitano?


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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