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      E si precipita dal pergamo, salisce su lo imbasamento del feretro; e quivi come delirante con pianto irrefrenato si pone a baciare le mani dei cavalieri defunti. Ogni uomo si sentì a forza costretto di seguitarne l'esempio; sarebbero accorsi in folla se i capitani di guardia non avessero posto ordine e modo a cotesta subita voglia; consentivano pertanto un certo numero di persone salisse, le quali, renduto quell'estremo ufficio ai valorosi, scendevano dalla parte opposta. Vico salì con gli altri; e quando fu per recarsi la mano dell'Orsino alla bocca senti giù tra la folla un grido a stento represso; guardò fisso e riconobbe Annalena; il pensiero di avere incontrato colei che amava tanto adesso che stava per baciare quella mano rigida, - morta, - gli lasciò un senso di freddo sul petto, come se un rettile gli avesse sopra strisciato: - finse baciarla ma non la toccò, e sentì irresistibile il bisogno di recarsi al fianco della sua Annalena per obliare il sinistro presagio.
      Le si fece vicino e non profferse parola; uscirono entrambi di chiesa, e muti, con occhi dimessi, camminarono buon tratto di via. Vico aveva un peso sul cuore che non poteva muovere; uno sgomento interno lo sforzava al pianto, e nondimeno le lacrime gli rimanevano rapprese nel cavo degli occhi; giunto che fu a mezzo del Ponte Vecchio, le gambe gli negarono l'ufficio, e si accostò sfinito ad una colonna sclamando:
      Muoio!
      O Vergine, non mi rapite l'amor mio, - ho pianto tanto, - e tanto ve lo raccomandai che prometteste rendermelo sano.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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